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LA GLOSSOLALIA


di Roberto Bracco







Parte Sesta: Emotività e Glossolalia






1. Introduzione

2. Incapacità del mondo di comprendere le manifestazioni dello Spirito






 

1. Introduzione



«Costoro sono pieni di vino dolce»
(Fatti 2:13)


Certamente non dovevano essere soltanto le parole, espresse nelle più diverse lingue, a lasciare perplessi e a suscitare la reazione negativa della folla di Gerusalemme, o piuttosto di quella parte della folla, sconcertata dalla manifestazione carismatica dei primi cristiani.

Alle parole si aggiungevano diverse forme di emozione religiosa che non potevano essere represse, e forse neanche controllate, da quei credenti che avevano esperimentato in modo tanto potente il battesimo nello Spirito Santo.

Non è difficile immaginare lo spettacolo offerto dai primi discepoli che, d’altronde, appartenevano ad un popolo predisposto alle emozioni e al più libero corso di queste anche nell’ambito della rigorosa vita religiosa.

Erano stati saturati di Spirito, erano stati testimoni dell’evidenza sensibile del miracolo, erano diventati essi stessi miracolo: quel vento che avevano udito, quel fuoco che avevano veduto, adesso erano dentro di loro e non potevano, assolutamente non potevano, non esternare quell’impeto e quel calore.

Anche le lingue straniere, quindi, dovevano avere l’evidenza dell’emozione e potevano facilmente essere poste sotto giudizio dalla sorpresa o dalla diffidenza di coloro che li ascoltavano; e non possiamo meravigliarci se, anziché verificarne il contenuto, si limitavano a criticarne la forma.

La critica negativa, espressa il giorno della Pentecoste, quando le lingue erano straniere a coloro che parlavano, ma non a coloro che ascoltavano, era destinata a diventare più severa nei confronti della glossolalia quale espressione di una lingua sconosciuta tanto al glossolalo, quanto all’uditorio; il linguaggio incompreso ed incomprensibile non poteva non inasprire le diffidenze, specialmente quando una precostituita attitudine di ostilità rendeva particolarmente severi i critici.

L’Apostolo Paolo nell’affrontare l’argomento delle lingue non omette questo particolare e raccomanda caldamente ai credenti di Corinto di non dimenticarlo.

Parlare in lingue senza che queste siano interpretate, o parlare tutti assieme in una lingua incomprensibile, darà modo ai visitatori nelle assemblee, di dire che i cristiani, uniti per celebrare il loro culto, sembrano purtroppo dei poveri pazzi
(1ª Cor.14:23).

La Scrittura non ci fornisce altri riferimenti storici relativi, in modo specifico, a questo problema, ma nel ricordarci che i cristiani erano già giudicati pazzi per la loro professione di fede (1ª Cor.3:18), per il loro modo di vivere, per il loro messaggio e la loro dottrina (Fatti 26:25; 1ª Cor.2:14), ci fornisce le premesse per comprendere il fenomeno che ricordiamo.

2. Incapacità del mondo di comprendere le manifestazioni dello Spirito

Se il cristianesimo, nei suoi aspetti più limpidi e nelle sue manifestazioni più convincenti, continua ad essere scandalo per il mondo, è comprensibile che lo sia ancora di più in quelle espressioni che possono definirsi ermetiche per coloro che sono estranei alla vita dello Spirito.


La "glossolalia" deve essere inclusa senza esitazione fra quelle forme della vita cristiana che ho definito ermetiche, cioè non soltanto chiuse, ma anche resistenti alle analisi della ragione.

Da un punto di vista generale la vita dello Spirito in ogni suo aspetto è chiusa alle analisi della ragione (1ª Cor.2:14) quando questa rifiuta a "priori" le affermazioni della fede, cosa d’altronde che rappresenta la regola e non l’eccezione.

La storia si sofferma più a lungo di quanto faccia la Scrittura, benché spesso in maniera generica, nel tramandarci le testimonianze relative alle reazioni che si sono avute (e non sempre dall’esterno) nei confronti dei fenomeni dello Spirito.

Si può parlare al plurale di "fenomeni" perché, come già detto, non sempre si è fatta o si fa distinzione fra: "voci", "visioni", "estasi", "tremolio", "profezie", "fenomeni taumaturgici", o "glossolalia".


Quei movimenti di risveglio spirituale che hanno fatto rivivere l’atmosfera del miracolo e che hanno esperimentato, spesso in forme diverse, un'esuberante vita carismatica, sono stati considerati in ogni epoca con rispetto da pochi e con severità da molti.

Le accuse più comuni e più ripetute sono state di "pazzia" e "d’invasione satanica" e non dobbiamo meravigliarci neanche di questi eccessi, perché anche nei confronti del Maestro sono state formulate queste stesse valutazioni, questi giudizi (Matteo 12:24).

Quel che sembra incomprensibile è piuttosto il fatto che tante forme di emotività umana, espresse nelle più diverse sfere del costume, siano accettate dalla società come fenomeni naturali e quindi normali della vita, mentre quelli che affiorano nella vita religiosa vengono severamente stigmatizzati come una forma di follia.

Altrettanto incomprensibile il fatto che si propende ad ammettere le capacità soprannaturali del diavolo e la manifestazione di queste capacità negli uomini e attraverso gli uomini, ma si rifiuta il principio di una manifestazione divina e carismatica nel credente e nella chiesa.

Si può leggere, per esempio, nel Rituale Romano: "Ignota lingua loqui pluribus verbis, vel loquentem intelligere…"

Attenzione!
Non è un riferimento al dono delle lingue, largito dallo Spirito Santo, ma è la definizione di uno dei tre segni che permettono all’esorcista di riconoscere se un individuo è indemoniato.

Quindi per la Chiesa Cattolica "l’uso e la conoscenza di una lingua prima sconosciuta" è senz’altro evidenza di possessione demoniaca.

Nel corso dei secoli, e specialmente di quelli oscuri che i roghi non hanno certamente illuminati, non pochi credenti hanno dovuto pagare con la vita il privilegio di possedere, mediante una vera comunione con Dio, preziosi doni spirituali.

Oggi che si vogliono erigere monumenti a quei profeti che i padri hanno ucciso, si tenta di ristabilire almeno la verità storica ed accettare che molti "eretici" o "invasati" o "stregoni" di ieri erano in realtà uomini illuminati che hanno avuto il solo torto di rendere pubbliche le proprie esperienze e le proprie convinzioni.

Ovviamente questa riabilitazione vale soltanto per nomi che hanno da sempre avuta una loro collocazione nella storia, ma non vale per quei nomi, di persone o di movimenti, che volutamente o per ineluttabili circostanze, sono stati e sono ignorati.

Facciamo astrazione dagli episodi e consideriamo globalmente il soggetto; solo in rari casi, e generalmente per ragioni interessate, i fenomeni dello Spirito, i carismi, sono stati riconosciuti ed accettati con il segno dell’ufficialità, e spesso in questi casi, sono stati strumentalizzati a beneficio dell’istituzione che li ha accolti ed esaltati come elementi di prova della propria ortodossia.

Le eccezioni servono solo per ricordarci la regola e questa ha avuto ed ha come principio e base la dichiarazione dei pellegrini di Gerusalemme: «Costoro sono pieni di vino dolce»!

È stato detto per i primi discepoli ed è stato ripetuto nel corso dei secoli per tutti quei movimenti spirituali che hanno esperimentato il soprannaturale e la hanno manifestato mediante una autentica vita carismatica.

Solo per riferirci ai più vicini, vogliamo ricordare i valdesi, i francescani, i quaccheri, i metodisti, i battisti, i mennoniti.

Ovviamente parliamo di questi movimenti in relazione alla loro genesi e quindi prescindendo dalla trasformazione che possono aver subita sotto la sollecitazione di circostanze storiche e che possono averli spogliati delle caratteristiche iniziali per condurli verso assesti conformi a nuove concezioni.

Comunque la Scrittura e la storia sono concordi nel ricordarci che i fenomeni spirituali, le manifestazioni carismatiche non possono prescindere dalle emozioni del credente e che, coloro che ieri sono stati giudicati "ebbri", si ritrovano nei "fanatici" del XII secolo, nei "tremolanti" di Fox e in coloro che anche nella nostra generazione hanno spesso ereditato lo stesso epiteto.


Come può un individuo che realizza la soprannaturalità di un fenomeno che gli permette di parlare in lingue sconosciute rimanere insensibile o apatico nell’esercizio di questo dono?

Soprattutto come può il credente che nell’esercizio del dono avverte tutta la mistica dolcezza della presenza e dell’azione dello Spirito, frenare le più spontanee reazioni emotive?

Non dobbiamo quindi scandalizzarci o meravigliarci se il glossolalo, come d’altronde l’interprete o il profeta, appare all’occhio dell’osservatore, particolarmente di quello critico ed ostile, in uno stato di euforia, qualche volta di estasi, che rispecchia anche attraverso l’emotività, l’esperienza celestiale che vive e che cerca di trasmettere per rendere una testimonianza cristiana.


 



Collegamento allo studio originale sul sito dal sito della Chiesa di Roma alla pagina interna raggiungibile al link seguente Persecuzione in Italia - di Roberto Bracco-pdf


RIASSUMENDO:

1. Introduzione

«Costoro sono pieni di vino dolce».


Così la folla di Gerusalemme apostrofò i primi credenti che avevano esperimentato in modo tanto potente il battesimo nello Spirito Santo.

Ma il fatto è che erano stati saturati di Spirito, erano stati testimoni dell’evidenza sensibile del miracolo, erano diventati essi stessi miracolo: quel vento che avevano udito, quel fuoco che avevano veduto, adesso erano dentro di loro e non potevano, assolutamente non potevano, non esternare quell’impeto e quel calore.

Anche le lingue straniere, quindi, dovevano avere l’evidenza dell’emozione e potevano facilmente essere poste sotto giudizio dalla sorpresa o dalla diffidenza di coloro che li ascoltavano.

La critica negativa, espressa il giorno della Pentecoste, era destinata a diventare più severa nei confronti della glossolalia specialmente quando una precostituita attitudine di ostilità rendeva particolarmente severi i critici.

L’Apostolo Paolo nell’affrontare l’argomento delle lingue non omette questo particolare e raccomanda caldamente ai credenti di Corinto di non dimenticarlo.

Parlare in lingue senza che queste siano interpretate, o parlare tutti assieme in una lingua incomprensibile, darà modo ai visitatori nelle assemblee, di dire che i cristiani, uniti per celebrare il loro culto, sembrano purtroppo dei poveri pazzi (1 Cor.14:23).


2. Incapacità del mondo di comprendere le manifestazioni dello Spirito

Se il cristianesimo, nei suoi aspetti più limpidi e nelle sue manifestazioni più convincenti, continua ad essere scandalo per il mondo, è comprensibile che lo sia ancora di più in quelle espressioni che possono definirsi ermetiche per coloro che sono estranei alla vita dello Spirito e la "glossolalia" deve essere inclusa senza esitazione fra quelle forme della vita cristiana che ho definito ermetiche.

Da un punto di vista generale la vita dello Spirito in ogni suo aspetto è chiusa alle analisi della ragione (1 Cor.2:14) quando questa rifiuta a "priori" le affermazioni della fede, cosa d’altronde che rappresenta la regola e non l’eccezione.

La storia si sofferma più a lungo di quanto faccia la Scrittura, benché spesso in maniera generica, nel tramandarci le testimonianze relative alle reazioni che si sono avute (e non sempre dall’esterno) nei confronti dei fenomeni dello Spirito.

Nel corso dei secoli, e specialmente di quelli oscuri che i roghi non hanno certamente illuminati, non pochi credenti hanno dovuto pagare con la vita il privilegio di possedere, mediante una vera comunione con Dio, preziosi doni spirituali.

Solo per riferirci ai più vicini vogliamo ricordare i valdesi, i francescani, i quaccheri, i metodisti, i battisti, i mennoniti.

Comunque la Scrittura e la storia sono concordi nel ricordarci che i fenomeni spirituali, le manifestazioni carismatiche non possono prescindere dalle emozioni del credente e che, coloro che ieri sono stati giudicati "ebbri", si ritrovano nei "fanatici" del XII secolo, nei "tremolanti" di Fox e in coloro che anche nella nostra generazione hanno spesso ereditato lo stesso epiteto.